Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

giovedì, febbraio 09, 2006

Chi ci dice che anche nelle banlieu non fu tutto programmato?

di Giacomo Stucchi - da LA PADANIA - del 9 febbraio 2006

Uno dei problemi dei moderni mezzi di informazione, Internet in primo luogo ma anche la televisione, è quello di dimenticare fatti e circostanze con la stessa rapidità con la quale sono stati riferiti. Mi riferisco agli episodi di violenza delle scorse settimane che hanno devastato le città francesi. Di colpo, ad eccezione forse de la Padania e di telePadania, tali avvenimenti non erano più una notizia per la maggior parte dei mass-media che quindi non hanno più parlato di un fenomeno sociale e politico che invece merita non solo di essere approfondito ma anche monitorato. Chi può garantire infatti che le rivolte nelle banlieu non siano state del tutto spontanee, ma anzi programmate, allo scopo di mettere alla prova la resistenza delle istituzione d'Oltralpe? Chi ci dice che dietro il "miracoloso" ridimensionamento degli episodi di violenza, auto incendiate, vetrine dei negozi distrutti, esercizi commerciali saccheggiati, non ci sia stato un patteggiamento tra il governo francese e gli organizzatori delle rivolte? Quelli descritti non sono scenari apocalittici ma verosimili e, probabilmente, ci riguardano molto più di quanto si possa immaginare. Abbiamo già detto, in un precedente intervento su la Padania, che il nostro Paese non deve scontare le responsabilità storiche del colonialismo francese e che quindi attualmente la situazione delle nostre periferie metropolitane è diversa. Tuttavia, c'è una connessione diretta tra il sostanziale fallimento delle politiche sull'immigrazione in Francia, condotte dai governi di sinistra che si sono succeduti negli ultimi quindici anni, e ciò che potrebbe accadere in Italia in un prossimo futuro qualora si decida di aprire le braccia ad una moltitudine di immigrati. So bene che i perbenisti di maniera, o falsi liberali, etichetteranno questo articolo come il solito «intervento razzista e padano», ma il punto è che le rivolte degli immigrati francesi, in qualche caso di seconda o addirittura terza generazione, stanno ad indicare come queste popolazioni non siano riuscite ad integrarsi per niente in un tessuto sociale diverso. Ecco perché occorre riflettere bene, senza pregiudizi ma anche senza superficialità, su che tipo di società vogliamo lasciare ai nostri figli. I fatti francesi devono farci capire che quando si parla di perdita di identità, delle proprie origini, della propria cultura, non significa discutere di aria fritta ma di temi concreti, tangibili, almeno quanto le sassaiole parigine. Certo, oggi per i compagni e i loro accoliti è doveroso essere "solidali", favorire l'ingresso di migliaia di persone, che non si integreranno mai con gli usi e i costumi di casa nostra, spalancare le porte di casa a tutti coloro che desiderano entrarvi. Ma domani, quando tra vent'anni, o forse meno, avremo le periferie delle nostre città abitate da decine di migliaia di diseredati, senza patria né religione, chi penserà a risolvere i problemi che ne deriveranno?Una vecchio adagio ci ricorda saggiamente che prevenire è meglio che curare.Ecco perché, almeno sul problema dell'immigrazione, non solo è possibile ma è anche un dovere per tutti i cittadini scegliere da che parte stare.