Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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lunedì, gennaio 22, 2007

Le riforme dell’Unione? Meglio il federalismo.

di Giacomo Stucchi

E’ difficile immaginare questo stillicidio ancora per molto tempo. Le contestazioni a Prodi e ai suoi ministri sono ormai all’ordine del giorno anche perché i cittadini, andando alle Poste a pagare il bollo dell’auto o della moto, ricevendo le cartelle esattoriali per la spazzatura e le bollette per le utenze domestiche, cominciano a toccare con mano l’effetto della stangata che l’Unione ha voluto imporre loro, senza peraltro alcun valido motivo. Ma c’è di più. L’altra sera guardavo il dibattito a Porta a porta sui cosiddetti Pacs. Pur annunciando una proposta unitaria entro la fine del mese, era del tutto evidente, anche per un neofita della politica, come tra le ministre Barbara Pollastrini e Rosy Bindi, rispettivamente responsabili delle pari opportunità e delle politiche per la famiglia, non c’è ancora un accordo su un testo condiviso. Alle domande di Bruno Vespa alla Pollastrini (la Bindi non era presente ma, dalla circospezione con la quale la sua collega pronunciava ogni parola, era come se ci fosse) su alcune questioni specifiche, l’imbarazzo era evidente. Per esempio, a chi va l’eredità del de cuius che prima ha avuto un figlio da un matrimonio eterosessuale e poi, decidendo di cambiare vita, oltre a diventare omosessuale ha anche stipulato un Pacs col suo nuovo compagno? In questo caso il patrimonio andrà al figlio o al convivente omosessuale? Boh! Nessuno lo sa. Tanto meno la ministro Pollastrini, che vorrebbe regolamentare le unioni di fatto. Per le quali, lo ricordiamo, esiste già il codice civile nel caso in cui due conviventi decidessero, per esempio, di cointestare il contratto d’affitto oppure, andando da un notaio, di lasciare delle disposizioni testamentarie. Ma, al di là del merito della questione, il problema è soprattutto di metodo. Cioè, fino ad oggi il governo Prodi, che aveva strombazzato a destra e a manca di avere le idee chiare su cosa fare una volta andato a Palazzo Chigi, ha dimostrato invece non solo di non sapere esattamente cosa fare (considerato che il presidente del Consiglio ogni giorno è costretto a dare un colpo alla botta e uno al cerchio, per accontentare le richieste dell’uno o dell’altro partito della sua troppo eterogenea coalizione) ma anche di fare danni enormi al sistema politico-sociale. Che si regge su equilibri molto delicati e che da più di un decennio non riesce ad uscire da una fase di transizione che a questo punto sta diventando cronica. In altre parole, il cincischiare di Prodi e compagni rischia di fare del male ai cittadini ben oltre le conseguenze immediate, come quelle legate all’aumento delle tasse. Mentre gli azzeccagarbugli dell’Unione litigano, e nel frattempo però prendono tempo per rimanere al potere, l’economia va avanti, i fatti (soprattutto internazionali) accadono e cambiano il mondo, le società si evolvono. Il centro sinistra, oltre ad aver dimostrato di non saper cogliere questi cambiamenti, ogni giorno che passa al governo si assume sempre più la responsabilità di un fallimento storico. L’annunciato accordo per la riforma della Pubblica Amministrazione, solo per citare l’ultima trovata del governo, rischia di naufragare prima ancora di cominciare. Sarebbe stato meglio prima mettere mano al federalismo, inteso come vera devoluzione dal centro alla periferia dei poteri decisionali, e poi riformare il settore pubblico. E invece no, il Governo decidendo di accelerare i tempi, anche perché pressato dall’inarrestabile emorragia di consensi elettorali, si assume il rischio di una totale debacle. Di mobilità e meritocrazia infatti se ne parla dalla fine degli anni Ottanta; inoltre, a regolamentare la materia, esiste persino una legge del 1993. Ma il punto è che sino a quando tutte le decisioni verranno prese a Roma, non ci sarà nessuna riforma della Pubblica Amministrazione in grado di cambiare in meglio il sistema. E’ l’esperienza a dirlo, non il Carroccio o il sottoscritto. Ecco perché il risultato sarà quello di un nuovo fallimento, ampiamente annunciato, che però farà perdere altro tempo e risorse preziose.
TRATTO DA "LA PADANIA" DEL 21.01.2007