Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, marzo 22, 2007

L’Unione europea ha 50 anni. Ma c’è poco da celebrare

di Giacomo Stucchi
In occasione del 50° anniversario della firma dei trattati istitutivi delle Comunità europee, sottoscritti a Roma nel 1957, il 25 marzo 2007 i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell’Unione europea adotteranno a Berlino una dichiarazione politica solenne sul futuro dell'Europa. Siamo abbastanza navigati di questioni europee per non sapere che l'occasione sarà presa a pretesto, dagli europeisti ad oltranza, per rilanciare un’integrazione che in realtà fa acqua da tutte le parti e sulla quale c’è ben poco da celebrare. Persino le statistiche dicono che, salvo qualche eccezione, in gran parte degli Stati membri i cittadini non ritengono di aver migliorato le proprie condizioni di vita né con l’Unione europea né tanto meno con l’introduzione della moneta unica. Ma a Bruxelles e Strasburgo la politica degli struzzi è di casa. Si fa finta di non vedere quanta diffidenza c’è nei cittadini e si coglie al volo ogni occasione per far ripartire ogni volta un processo di integrazione che però è sempre stato in deficit di democrazia e che continua ad esserlo anche in questi giorni.Al di là delle pompose cerimonie la verità è che le istituzioni europee, dopo la bocciatura del trattato costituzionale, stanno vivendo una grave crisi di identità. Esse giacciono in una sorta di limbo, sospese tra ciò che qualcuno vorrebbe che fossero (istituzioni di un super Stato che annulla le specificità locali) e ciò che in realtà sono (una costosissima macchina mangia risorse che molto toglie ai singoli Stati membri e poco dà). A questo pendolo, nel quale oscilla il destino dell’Ue, si sono aggiunte nuove complicazioni a seguito dell’allargamento del 2004 ed a quello successivo del 2007, che ha portato a dover contemperare esigenze e prospettive di Stati molto diversi tra loro per cultura, economia e storia politica.Per uscire da questa impasse, Germania, Portogallo e Slovenia, che si avvicenderanno nella presidenza dell’Unione europea dal 1° gennaio 2007 al 30 giugno 2008, hanno annunciato un programma congiunto delle tre presidenze per rilanciare la fase costituente. Si tratta di una strategia che, da un lato, potrebbe oggi rendere possibili scelte più decise e forti per quel che riguarda il futuro dell’Europa, ma dall’altro lato, dobbiamo purtroppo constatare come si annuncia già nel solco tracciato dalle precedenti presidenze. A nostro modo di vedere un buon inizio sarebbe stato quello di interrogarsi sulle ragioni del sostanziale fallimento della fase costituente sin qui percorsa, tanto durante i lavori della Convenzione quanto nei passaggi referendari in alcuni Stati membri. Ma le prime mosse della cancelliera tedesca Angela Merkel ci dicono che la strada scelta è quella di continuare a fare orecchie da mercanti. Sicché, lungi dall’intraprendere nuovi percorsi, come quello di mettere mano alla revisione di un testo costituzionale didascalico e privo di contenuti (che, come abbiamo già avuto modo di osservare all’epoca della bocciatura da parte del popolo francese, non pone nemmeno i confini territoriali e non dà nessuna garanzia di carattere sociale), ai cittadini viene proposta di nuovo la Costituzione già bocciata ma, inspiegabilmente, ritenuta ancora l’unica strada da seguire e per giunta con lo stesso identico testo.Ma perché tanta ostinazione? Perché tanto accanimento da parte dei governati nel voler imporre una Costituzione che, oltre a non essere condivisa dai cittadini di alcuni Stati membri (ai quali, a differenza che in Italia, è stato riconosciuto il diritto di esprimersi attraverso il referendum), non è stata nemmeno in grado di fare un riferimento alle comuni radici cristiane? Sono domande probabilmente destinate a rimanere senza un risposta.Tuttavia c’è una certezza e consiste nel fatto che l’Unione europea sta in piedi perché la vogliono i governanti e non certo i Popoli europei; alcuni dei quali, quando è stato consentito loro di esprimere un opinione sulla Carta costituzionale, hanno già dato il loro giudizio negativo. Cominciare a prendere atto di questa situazione sarebbe già un buon viatico per guardare al futuro dell’Ue con maggiore ottimismo.
Tratto da LA PADANIA - Data pubblicazione: 22/03/2007