Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, luglio 03, 2007

Nel 2008 i conti pubblici potrebbero fare il “botto”

di Giacomo Stucchi

Ecco, ci risiamo. Il solito vizio dei governi statalisti e centralisti, tipici della della Prima Repubblica, e dei quali peraltro il centrosinistra ha una collaudata esperienza, torna prepotentemente a galla. Come? Con l’ultimo Dpef, presentato la scorsa settimana, che è l’emblema di come non si dovrebbe fare la politica economica e finanziaria in un Paese serio, o normale (come direbbe il vice premier D’Alema). Dopo l’enfasi e i roboanti annunci del presidente del Consiglio Prodi e del suo ministro del Tesoro, Tommaso Padoa Schioppa, che addirittura avevano parlato di “svolta”, cominciano adesso a venire fuori i numeri. Che dicono come le spese che pesano sui conti 2008, ma che non sono ancora conteggiate nel bilancio dello Stato, ammontano alla stratosferica cifra di 21 miliardi di euro. In pratica, se questo documento lo avesse presentato un amministratore delegato, di una qualsiasi azienda privata, avrebbe rischiato seriamente di finire in galera. Ma siccome parliamo dei soldi dei cittadini, tutto è permesso. A lanciare l’allarme sui conti pubblici ci sono anche autorevoli giornali, come il Corsera (che non può certo considerarsi vicino al centrodestra), che sottolinea come “Il bilancio a legislazione vigente al quale si rifà l’esecutivo – si legge in un articolo pubblicato dal suddetto quotidiano – non richiederebbe manovre correttive per portare il deficit del 2008 al nuovo obiettivo del 2,5%. Solo che in quel bilancio, come spiega il Tesoro nel Documento di Programmazione appena diffuso, molte spese già maturate non ci sono perché ne manca il presupposto giuridico: c’è l’accordo politico, non la legge. Anche se non c’è il minimo dubbio che la stragrande maggioranza, se non proprio tutte, siano spese da onorare”. In altre parole, a detta del Tesoro (e non della Lega Nord!) nel documento appena presentato da Palazzo Chigi mancano tutte le spese frutto dei mille accordi politici necessari a tenere insieme la maggioranza del centrosinistra. Insomma, se non è un falso poco ci manca. Si parla di “spese irrinunciabili”, quali gli aumenti degli stipendi del pubblico impiego, i nuovi ammortizzatori sociali e, come se non bastasse, quelle derivanti da accordi internazionali. Ci sono poi le spese cosidette “consolidate”, ovvero “certe ma che, sia pure con pochi margini di manovra, devono essere quantificate con esattezza nella sessione di bilancio, come i contratti di servizio con le imprese pubbliche, i fondi per le infrastrutture e, ancora, i rinnovi contrattuali dei pubblici per il biennio che scatta dal 2008, ma il cui costo non è stato ancora quantificato dal Tesoro”. Altro che “svolta”, se qualcuno non ferma questi incoscienti dell’Unione saranno i cittadini a dover provvedere di tasca loro a risanare le voragini che Prodi e compagni stanno provocando nelle casse pubbliche. Ma non è finita, ci sono ancora da conteggiare gli sgravi per l’Ici, quelli sugli affitti, che dovrebbero scattare dal prossimo anno, e tutte le altre iniziative “sociali” che la sinistra radicale si inventerà nelle prossime settimane (come potrebbe essere, per esempio quella folle sull’abolizione dello scalone pensionistico). Insomma, ce ne abbastanza per essere molto preoccupati tanto sul futuro dei conti pubblici quanto su quello delle tasche dei contribuenti. Se tutte le suddette misure non verranno coperte da altrettanti tagli alla spesa pubblica (ipotesi della quale francamente dubitiamo, a meno che Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi cambiano rotta politica o escono dal Governo) la pressione fiscale non potrà che aumentare. Dulcis in fundo, ci sono poi le incongruenze tra il Dpef e lo schema di disegno di legge delega sul federalismo fiscale. Basti pensare alla sicurezza, all’autonomia tributaria degli enti locali, ai servizi ambientali, ai poteri in materia di mobilità e traffico. Si fa un gran parlare di questi temi nei convegni, nei dibattiti parlamentari e in tutte le occasioni nelle quali serve buttare un po’ di fumo negli occhi dell’opinione pubblica (soprattutto di quella particolarmente esasperata, come lo è quella del Nord) ma poi al momento di fare sul serio ci si tira clamorosamente indietro.
Tratto da LA PADANIA del 3 luglio 2007