Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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mercoledì, ottobre 03, 2007

Per Prodi la storia si ripete

di Giacomo Stucchi

In autunno cadono le foglie e, qualche volta, anche i governi. Il percorso parlamentare per l’approvazione della legge finanziaria, che comincia questa settimana al Senato, ma anche altre spinose vicende (come quella del caso Visco o l’altra su Malpensa), potrebbero finalmente far implodere la maggioranza e portare al capolinea il Governo Prodi. C’è quindi spazio per l’ottimismo. Insomma, qualora il Professore dovesse riuscire a superare le insidie minori, resterebbe comunque il pericolo rappresentato dall’approvazione della finanziaria, che si prevede già irto di ostacoli e seminato di insidie (quasi un percorso di guerra!) ad opera della sinistra radicale e dei liberal-democratici diniani. Ciò non significa, tuttavia, che alla Cdl siano concesse “distrazioni” di alcun tipo. Per far cadere il Governo Prodi, bisognerà infatti che, all’irriducibile opposizione della Lega Nord, corrisponda anche un “serrate le fila” di tutta la Cdl. Soltanto così si potrà dare lo sfratto all’inquilino di Palazzo Chigi, con qualche mese d’anticipo rispetto al decennale della sua prima rovinosa caduta. Anche nel 1998, infatti, al presidente del Consiglio Prodi accadde di essere defenestrato. Oggi la storia si ripete anche se con sfumature diverse. Se da un lato il capo dell’Esecutivo ha cercato di mettere in cassaforte i voti di Giordano e compagni, ponendo Bertinotti sullo scranno più alto di Montecitorio, dall’altro non ha tenuto in considerazione i malumori dell’elettorato della sinistra radicale, che si riconosce sempre meno nella sua rappresentanza parlamentare (a maggior ragione poi dopo la discesa in campo di Grillo), nonché “i mal di pancia” di coloro che non vedono di buon occhio la fusione di Margherita e Ds nel Partito democratico. Per non parlare poi del mancato accordo sul welfare con una parte dei sindacati, che aspettano solo l’esito del referendum nelle fabbriche per mandare definitivamente a quel paese Prodi e i suoi ministri e del malcontento dei sindaci (a maggior ragione poi se di sinistra) sul piede di guerra per gli annunci del Governo sulla riduzione dell’Ici, che sancirebbe, tra l’altro, la negazione di ogni forma di autonomia fiscale dei Comuni. E questa lista può continuare con i problemi sulla sicurezza dei cittadini, che si sono aggravati anche a seguito di sciagurati provvedimenti di clemenza approvati in questo scorcio di legislatura, o quelli dei giovani disoccupati o precari, soprattutto nella pubblica amministrazione, ai quali era stata promessa la stabilizzazione e che invece, anche a seguito della prospettata riforma della legge Biagi, rischiano di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano. Insomma, le questioni sul tappeto costituiscono una miscela esplosiva che dovrebbe davvero far saltare in aria tutto e portare il Capo dello Stato alla conclusione che l’Unione non è in grado di governare e trarne, quindi, le dovute conseguenze. Ma il condizionale è d’obbligo perché altre volte, in questo anno e mezzo di governo Prodi, le componenti dell’Unione sembravano sul punto di rompere, ma poi l’attaccamento alle poltrone si è dimostrato uno straordinario collante, più efficace di qualsiasi affinità politica. Inoltre, i numeri parlano chiaro e dicono che, se si andasse al voto anticipato, il Partito democratico e il suo segretario in pectore Veltroni non avrebbero praticamente nessuna possibilità di vittoria. Tutti gli osservatori concordano, infatti, nel ritenere incerto soltanto l’entità della sconfitta del Pd, ma non l’esito del voto. Qualcuno dice che si tratta dell’inevitabile conseguenza per chiunque intenda governare con una coalizione che va da Di Pietro a Diliberto: concordiamo, ma aggiungiamo che ai cittadini di queste alchimie politiche non importa un fico secco. Ciò che conta è tornare a votare al più presto e, per dirla con il nostro segretario federale Umberto Bossi, “liberare” il popolo da un Governo vessatore e antidemocratico.


Tratto da LA PADANIA del 3 ottobre 2007