Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

venerdì, ottobre 12, 2007

Perché Prodi non ha vinto sul welfare

di Giacomo Stucchi

Il fatto che l’accordo sul welfare sia stato approvato dalla maggioranza dei lavoratori non significa, come dalle parti di Palazzo Chigi si vorrebbe far credere, che il Governo si sia rafforzato. In primo luogo, perché il numero di persone che hanno votato (seguendo peraltro una prassi consolidata nella nostra democrazia) non coincide con il corpo elettorale di una consultazione di tipo politico, rimanendone di gran lunga inferiore; in secondo luogo, perché il protocollo stipulato tra il Governo in carica e i sindacati (ad eccezione di una componente schieratasi per il “no”), dopo il Consiglio dei ministri, prima o poi dovrà arrivare in Parlamento. Sarà in quella sede che si giocherà la vera partita tra le diverse anime che compongono, e agitano di continuo, la coalizione del centrosinistra: un’arena ove, sino ad oggi, hanno coabitato le componenti più liberali (che giudicano il protocollo come il massimo della concessione possibile, soprattutto sul fronte della previdenza) e quelle della sinistra radicale (che invece vorrebbero sostanziali modifiche, soprattutto in materia di contratti di lavoro a termine e di revisione dei coefficienti pensionistici).
Per restare a galla il Governo dovrà invece disporre di una maggioranza che approvi il protocollo così com’è, senza che una sola virgola venga cambiata; altrimenti si darebbe di nuovo corso alla concertazione con i sindacati e a tutto quello che ne consegue. Del resto, gli stessi leader sindacali, ma anche altre rappresentanze (come la Confindustria), hanno già avvertito che solo gli originari contraenti possono mettere mano ad eventuali modifiche al protocollo.
Ecco perchè chi in queste ore blatera di una vittoria di Prodi sul welfare, dovrebbe invece tacere. Tanto più se si considera che il destino parlamentare di questo provvedimento si intreccia inevitabilmente con quello politico del nascente Partito Democratico.
Il suo leader in pectore, Walter Veltroni, forse pensando agli effetti delle sue dichiarazioni nel breve periodo, negli ultimi tempi non è certo stato tenero con le iniziative del Governo, soprattutto quelle economiche. Anzi, unendosi al coro di critiche internazionali (in primis quelle del commissario europeo Almunia, che in sostanza ha rimproverato al presidente del Consiglio di non essere efficace sul fronte del risanamento) e poi a quelle di casa nostra (con la reprimenda del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che intervenendo al Senato sulla legge Finanziaria ha detto, tra l’altro, che “la manovra non frena la spesa”, ma la “aumenta”; che sui conti sono stati fatti solo “progressi modesti” nonostante la “pressione fiscale rimanga a livelli elevati”; che la riduzione dell’Ici nella manovra “non appare coerente con l’obiettivo di rafforzare l’autonomia tributaria degli enti territoriali”), Veltroni lascia pochissime speranze di sopravvivenza al Governo.
Inoltre, l’adesione del Sindaco di Roma alla proposta della capogruppo dell’Ulivo al Senato, Anna Finocchiaro, di azzerare gli incarichi di ministri e sottosegretari, subito dopo la nascita del Pd, la dice lunga su quanto questo Governo sia ormai indigesto allo stesso centrosinistra.
Tutto questo alla faccia delle mille dichiarazioni dei “padri fondatori” del Partito Democratico, che hanno sempre detto che la nascita del nuovo soggetto politico non avrebbe in alcun modo costituito un ostacolo alla stabilità dell’esecutivo. A breve, quindi, tutti i nodi verranno al pettine e si capirà sino a che punto la variegata galassia del centrosinistra, che da un anno e mezzo si è trincerata dentro il Palazzo, è disposta a trascinare cittadini e istituzioni nel baratro. Per quanto ci riguarda il fondo del barile è già stato raschiato da tempo, per cui sarebbe meglio se il “nuovo” partito guidato da Veltroni, come primo atto tangibile della sua volontà innovatrice, togliesse la fiducia a Prodi e accettasse serenamente nuove elezioni politiche.
Tratto da LA PADANIA del 12 ottobre 2007