Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, novembre 13, 2007

APPESI A UN FILO

di Giacomo Stucchi

Il Governo è appeso a un filo. Non è una novità, ma almeno sapremo presto se questo filo si spezzerà. Maggioranza e governo sono stati battuti ancora una volta al Senato su un emendamento alla Finanziaria, presentato dall’opposizione, grazie al quale saranno aumentati i fondi per la ricerca universitaria. I segnali negativi che arrivano alla maggioranza da parte dei diniani si moltiplicano e, del resto, lo stesso Lamberto Dini continua a ripetere che “una decisione sul voto finale della Finanziaria non è stata ancora presa”. “Ci sono – precisa - ancora centinaia di emendamenti da esaminare. Su alcune questioni abbiamo chiesto cambiamenti. In particolare sul tetto alle remunerazioni del pubblico impiego”. Sembra inverosimile che il Governo Prodi, con tutte le profonde e importanti divisioni che ha al suo interno, possa cadere a causa del tetto agli stipendi dei manager pubblici o per i fondi della ricerca universitaria; tuttavia, nessuno può escludere che queste singole questioni possano costituire il pretesto, che forse qualcuno aspettava, per far scivolare il Professore. Del resto è ormai dai primi giorni di ottobre, da quando la Finanziaria ha cominciato il suo iter parlamentare, che nel Palazzo si respira aria di smobilitazione con la concreta possibilità di andare a votare in primavera. Sui giornali e sulle tv è già partito da tempo il conto alla rovescia sui giorni di vita che resterebbero al Governo Prodi e l’interrogativo non è mai stato se il presidente del Consiglio cadrà o meno, ma quando e su cosa ciò accadrà. Ad aggravare la situazione, ci si sono poi messi gli stessi ministri dell’Unione, soprattutto Mastella e Di Pietro, che negli ultimi tempi se le sono dette di santa ragione, con una durezza che non ha alcun precedente. Insomma, tutto lascia pensare che prima o poi Prodi si troverà costretto a prendere atto di non avere una maggioranza. Per la verità, già un mese fa l’evento era considerato talmente probabile da far avanzare da più parti l’ipotesi dell’esercizio provvisorio, poiché di certo non ci sarebbero stati né i numeri, né i tempi, per l’approvazione della Finanziaria. Prodi annaspava e la sua strategia era quella di prendere tempo, per poi manifestare la volontà di voler porre la questione di fiducia sul voto finale della Finanziaria. Così facendo il premier avrebbe aggirato le migliaia di emendamenti presentati dalle forze politiche, per lo più della stessa maggioranza, costringendo a venir fuori le componenti dell’Unione che, col passare dei giorni, si stavano sfilacciando dalla coalizione. A un certo punto però tutto questo precipitare verso il voto, enfatizzato peraltro da un Berlusconi che non stava più nella pelle per la paventata possibilità di tornare alle urne con ottime possibilità di vittoria, è sembrato interrompersi. La maggioranza ha tenuto al Senato, in qualche occasione anche con l’aiutino dei senatori dell’Udc e dei senatori a vita; molti emendamenti sono stati ritirati; e così, il Governo ha deciso di non porre la fiducia sul voto finale della Finanziaria. Adesso, siamo alla resa dei conti. Il presidente del Consiglio resterà in sella? Alla vigilia del voto finale sulla Finanziaria è davvero difficile azzardare una previsione. La stessa decisione di non porre la fiducia potrebbe, peraltro, avere una duplice lettura: o Prodi è talmente sicuro di avere i numeri dalla sua parte da non sentire la necessità di porre l’aut aut ai parlamentari della sua maggioranza; oppure non si fida e allora, nel caso in cui il Governo vada sotto al Senato sul voto finale, non avendo posto la fiducia sulla Finanziaria, spera di potersi giocare ancora qualche possibilità. In ogni caso, comunque vada a Palazzo Madama, ci sarà da sudare, freddo. Se, infatti, Prodi supera lo scoglio della Finanziaria avremo davanti un lungo periodo di inconcludenza politica durante il quale l’Unione tirerà a campare, come ha fatto sino ad oggi, e i cittadini ne pagheranno le conseguenze. Se, invece, Prodi cadrà dovremo ugualmente prepararci a combattere una battaglia contro i soliti camaleonti che cercheranno di dilazionare il più possibile la data del voto. Mi permetto però di fare una previsione. Il testo della Finanziaria che uscirà (se uscirà) dal Senato, alla Camera verrà profondamente modificato e, quando tornerà a Palazzo Madama per l’approvazione finale, allora sì che la fiducia verrà certamente posta.