Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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sabato, gennaio 12, 2008

Governo e Pd, tra ambiguità e incapacità

di Giacomo Stucchi

Continuano le manovre dilazionatorie per far sopravvivere il Governo che ormai sembra esalare l’ultimo respiro in ogni istante ma poi, quasi per incanto, riesce miracolosamente a rimanere in vita. In realtà la durata dell’Esecutivo Prodi ha ben poco a che vedere coi miracoli e molto, invece, con l’umano opportunismo. Come quello dimostrato dall’ex premier Lamberto Dini, e dalla pattuglia di senatori a suo seguito, che, prima delle vacanze natalizie, per settimane hanno lasciato intendere di essere pronti a varcare il Rubicone, ovvero ad abbandonare il Professore al suo destino togliendogli la fiducia, e invece adesso si ricompattano come se nulla fosse. Il Senato, si sa, da sempre è il tallone d’Achille del presidente del Consiglio, ma tutte le volte che sembra essere giunto il momento della verità, succede poi sempre qualcosa che salva Palazzo Chigi. L’ultima dichiarazione del senatore Dini, ma non è detto che sia poi quella definitiva, è che aspetterà la trimestrale di cassa, prevista per il prossimo mese di aprile, per constatare di quante risorse disponga Prodi per onorare effettivamente gli impegni presi. Un ragionamento che puzza di bruciato lontano un miglio ma che, tuttavia, basta a tenere a galla il Governo e la sua disastrata maggioranza. Non riescono neppure a trovare l’accordo sulla legge elettorale all’interno della sua maggiore componente, il Partito Democratico, che, alla ripresa dell’attività politica, ha ricominciato a litigare a tutto spiano. Ad essere messa in discussione è stata soprattutto la gestione del neo partito da parte del segretario Walter Veltroni, al quale viene anche rimproverata una certa ambiguità nell’azione politica. Vecchie ruggini, mai superate, tra Veltroni e il ministro degli Esteri D’Alema, sono poi tornate prepotentemente alla ribalta, dimostrando come la nascita del Pd non ha cambiato il vecchio vezzo, prima comunista e poi diessino, di farsi le scarpe l’un l’altro. Il fatto è che, ma non lo scopriamo oggi, questo nuovo partito è un ibrido sospeso tra la necessità di appoggiare il Governo, per non smentire sé stesso, e l’indispensabile esigenza di prenderne al contempo le distanze, dal momento che nessuno nel Pd è disposto a scommettere un centesimo sulla capacità di Prodi di risalire la china nei sondaggi, che attualmente lo danno con un indice di gradimento popolare ben al di sotto della soglia di sopravvivenza politica. Sempre sulla legge elettorale, c’è poi un ulteriore controversia tra i “nanetti” dell’Unione e il Pd. Il timore dei partiti più piccoli del centrosinistra è che il sindaco di Roma si sia già accordato con il capo dell’opposizione, Silvio Berlusconi, e che i due abbiamo anche messo nel conto un possibile fallimento delle trattative e quindi, come ultima chance, la celebrazione del referendum. Una eventualità che, non ci stancheremo mai di sottolineare, non risolve né il problema della stabilità dei governi, né quello dell’efficienza dell’attività parlamentare e dell’azione dell’Esecutivo. Ecco perché un accordo sulla legge elettorale, così come su alcune indispensabili riforme istituzionali, andrebbe trovato. Ma il condizionale è d’obbligo. Perché questo centrosinistra, che un giorno dice di essere per il modello tedesco, mentre il giorno dopo scopre i vantaggi del presidenzialismo alla francese, non ispira nessuna fiducia né consente alcun dialogo. Anzi, comporta ancor più incertezza e instabilità di quanta non ce ne sia già nel quadro politico. A ciò si aggiunga l’incapacità del Governo a trovare una soluzione ai problemi all’ordine del giorno. Come nel caso dello scalo di Malpensa, per il quale Prodi e i suoi ministri danno già per scontato il declassamento. In pratica, secondo il ragionamento dei “cervelloni” della maggioranza, poiché lo scalo è mal collegato, anziché provvedere a fare le infrastrutture necessarie a renderlo più facile da raggiungere per gli utenti, vogliono abbandonarlo al suo destino. E dei miliardi spesi per costruirlo? Chissenefrega, tanto pagano i contribuenti.
Tratto da LA PADANIA del 12 gennaio 2008