Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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lunedì, febbraio 23, 2009

FRANCESCHINI NON SIA SOLO UN "REGGENTE"

di Giacomo Stucchi

Qualcuno ha detto che nel Pd è stato eletto segretario il “vicedisastro” Franceschini ma, anche se fosse davvero così, non credo che la maggioranza e il governo avrebbero molti motivi per rallegrarsene. Nelle settimane che verranno, infatti, ci attendono passaggi politici molto importanti. Basti pensare all’agenda parlamentare, che come sempre, dall’inizio di questa legislatura, è molto nutrita (penso, in primis, al federalismo fiscale), ma anche alle decisioni da prendere, o da portare avanti, per continuare ad affrontare al meglio la crisi economica internazionale. Insomma, non sfugge a nessuno come gli impegni che aspettano la classe politica, di maggioranza e di opposizione, siano di un certo peso e comunque tali da non permettere “distrazioni” di alcun tipo a nessuno. Ecco perché, al di là del mero interesse di parte, avere un interlocutore forte e autorevole, sia pur nel rispetto dei ruoli e delle competenze istituzionali, è oggi per Palazzo Chigi, ma anche per la coalizione di centrodestra, più importante che mai. Purtroppo però, i primi passi del neo segretario non promettono nulla di buono. Dopo la “solennità” del suo giuramento sulla Carta costituzionale, un atto sul cui merito e opportunità volutamente non entriamo (per non gettare benzina sul fuoco delle polemiche), da Franceschini ci saremmo infatti aspettati maggiore concretezza e pragmatismo politico. Forse l’ex delfino non ha tenuto nella dovuta considerazione il fatto che le circostanze gli presentavano un’occasione storica sotto molti punti di vista. In primo luogo, per avere la possibilità, da rappresentante “moderato” (almeno sulla carta!), di guidare il Pd dopo una segreteria di marchio Ds; in secondo luogo, per il potere che l’Assemblea del partito democratico gli ha riconosciuto, completare cioè il mandato di Veltroni, che rimane ampio e immediatamente esercitabile; in terzo luogo, perché nessuno (a maggior ragione dopo la doccia scozzese che il suo predecessore ha provocato al partito con le sue affrettate e inaspettate dimissioni) gli si sarebbe messo contro se da subito avesse colto l’occasione per smarcarsi dal non rimpianto Veltroni. Insomma, c’erano tutte le condizioni (bastava solo comprenderle!) per avviare una nuova e più costruttiva fase, per il Pd e per il sistema politico più in generale. Invece, niente! Dario Franceschini ha voluto, da subito, far capire che lui ad abbandonare Veltroni, e il suo armamentario politico (con in testa l’antiberlusconismo) non ci pensa nemmeno,così come a smetterla di inseguire Di Pietro sul suo terreno prediletto del disfattismo e del populismo. A noi pare, però, che andare avanti su questa strada non serva a nulla e continuiamo, da inguaribili ottimisti,a confidare nel fatto che il neo segretario, magari consigliato da chi gli vuole bene, comprenda al più presto che non sta scritto da nessuna parte che la sua esperienza alla guida del Pd debba per forza di cose limitarsi ad essere una reggenza, considerato che potrebbe invece essere l’occasione per un dialogo costruttivo con la maggioranza sulle cose da fare. A cominciare, perché no, dal federalismo fiscale.

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