Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, maggio 28, 2009

SI ALLE RIFORME CONDIVISE, MA CON QUALE SINISTRA?

di Giacomo Stucchi

Era chiaro che a forza di entrare a gamba tesa nella sfera privata del premier, prima o poi, Franceschini l’avrebbe sparata grossa e così è stato. In questa campagna elettorale, condotta dall’opposizione più sull’onda della disperazione (per i prevedibili risultati disastrosi) che non della ragione, cosa c’entra tirare in ballo la capacità educativa di Silvio Berlusconi ? “Non è chiaro dove esattamente Franceschini – scrive in un editoriale sul Corsera Pierluigi Battista – abbia culturalmente attinto a una visione così totalitaria della politica che si arroga violentemente il diritto di giudicare la “correttezza” di un modello pedagogico e familiare. Ma è chiaro, molto chiaro che Franceschini deve fermarsi qui”. Come non condividere? Lo farebbe qualsiasi persona di buon senso. Ma, al di là del caso in questione, non si può non constatare come la sinistra e i suoi esponenti siano avvezzi a questo tipo di propaganda elettorale. Non è cioè la prima volta che tirano in ballo argomenti strampalati e stravaganti, che nulla hanno a che fare con le reali questioni sul tappeto, che sono poi quelle che interessano davvero i cittadini. Per la verità avevamo sperato che dopo la campagna elettorale per le Politiche del 2008, quella condotta da “l’Obamadenoantri” Walter Veltroni, si fosse già assistito al peggio che la sinistra poteva dare di sé e invece abbiamo dovuto ricrederci:il peggio doveva ancora arrivare con il nuovo segretario del Pd. Il quale la sera prima, nel salotto televisivo di “Porta a porta”, dichiarava solennemente di non voler entrare nella sfera privata del premier, ma invece il giorno dopo tra le bancarelle di un mercato di Albenga se ne è uscito con la battutaccia:”Affidereste i vostri bambini a Berlusconi?”. Logica e legittima la reazione dei figli del premier (cosa avrebbero dovuto fare se non quello che hanno fatto!), penoso invece l’imbarazzo dei dirigenti del Pd che avrebbero dovuto smentire il loro segretario un minuto dopo. Forse ormai sono tutti rassegnati e non aspettano altro che il risultato del prossimo 7 giugno per scrivere la parola fine ad un’esperienza che si è rivelata peggiore del male che avrebbe dovuto alleviare. La verità è che, al di là delle offese ai figli di Berlusconi (i quali peraltro sapranno di certo come e in quali sedi difendersi), siamo fortemente preoccupati sul piano squisitamente politico. Da più parti infatti si fa giustamente riferimento all’opportunità di un percorso condiviso per realizzare quelle riforme delle quali l’Italia ha disperatamente bisogno. Figurarsi se un movimento, come quello del Carroccio, che ha fatto del dialogo l’arma vincente per portare a casa il federalismo fiscale, non condivide in pieno questa linea, ma il punto è: con quale interlocutore? Finita la campagna elettorale, che si porterà inevitabilmente dietro i suoi strascichi di veleni e rancori, con chi si dovrà interloquire nell’opposizione, affinché si possa portare avanti un processo riformatore condiviso? Parleremo con un Franceschini ancora ossessionato dalle vicende familiari del premier, più di quanto non lo sia per le sorti di lavoratori e cassintegrati, oppure dovremo aver a che fare con un Di Pietro, che prima ha raccolto le firme per il referendum e poi, avendone capito le possibili negative conseguenze per la democrazia in caso di vittoria dei sì, ha clamorosamente fatto marcia indietro?