Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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lunedì, luglio 20, 2009

COSA C’ENTRA LA LEGA CON LA “QUESTIONE MERIDIONALE”?

di Giacomo Stucchi

La pubblicazione del lavoro Svimez sembra essere stato il pretesto per osservatori ed esponenti politici che, sentendosi chiamati in causa per spiegare i dati economici e sociali negativi che riguardano il Sud, hanno pensato bene di prendersela con il Governo in carica. L’accusa più ricorrente nei confronti di Palazzo Chigi è stata, tra l’altro, quella di seguire un’agenda politica che si presume essere troppo sbilanciata a favore del Nord, a scapito delle aspettative di sviluppo del Mezzogiorno. Motore propulsore di questa “strategia”, manco a dirlo, sarebbe la Lega Nord che ispirerebbe l’azione dell’Esecutivo, in generale, e quella del ministro dell’Economia Tremonti, in particolare. Chiunque sia disponibile a ragionare senza partire da posizioni precostituite e sia anche a conoscenza della storia recente è perfettamente consapevole che i problemi del Meridione, anche se in molti fanno finta di non saperlo, sono in gran parte riconducibili a decenni di politica, tanto a livello centrale quanto a quello locale, all’insegna dell’assistenzialismo. Una scelta efficace e comoda nell'immediato per il consenso politico, ma devastante nel lungo periodo in termini di non-sviluppo. Basti pensare, per esempio, alle politiche industriali sbagliate che hanno trasformato splendidi siti naturali, che avrebbero potuto trovare nel turismo la loro principale valorizzazione, in vere e proprie cattedrali nel deserto. Che c’entra tutto questo con la Lega Nord? Assolutamente nulla. Eppure, poiché in molti vorrebbero mettere il Carroccio contro il Sud, si tenta di trovare nella Lega il capro espiatorio e la causa di tutti i mali. Ma questo è un gioco vecchio, inutile, ben noto anche in Padania, e per questo non abbiamo alcuna intenzione di parteciparvi. Certo, visti i risultati delle Europee (che hanno visto il nostro movimento ottenere consensi anche in aree a noi tradizionalmente precluse), qualche esponente della "vecchia guardia" potrebbe temere che il pragmatismo che contraddistingue la politica della Lega possa “contagiare” anche gli elettori del Sud. Ma questo timore non dovrebbe esistere nei cuori di coloro che hanno accettato la sfida del rinnovamento della politica per i mezzogiorno e che potranno sempre contare sul nostro sostegno.
Oggi è quindi in atto un tentativo di riportare al centro dell’attenzione politica l’irrisolta “questione meridionale” che, al pari di quella "settentrionale" , la Lega non nega, ma che è da noi avversata fortemente se intesa come un tentativo di ritorno al passato. Per essere più chiari, il divario esistente tra Nord e Sud non può più essere colmato con le vecchie metodologie in uso fino agli anni novanta. L’attuale contesto politico, ovvero il superamento dei vecchi partiti del cosiddetto “arco costituzionale”, ma anche quello economico, i vincoli imposti dall’Europa (che oggi, per esempio, impedirebbero una nuova riedizione della Cassa del Mezzogiorno), non rendono nemmeno immaginabile qualsiasi politica stile Prima Repubblica. Il problema quindi non consiste in una competizione tra Nord e Sud, o tra Arlecchino e Pulcinella, né in un’eventuale trasposizione di questo scontro sul piano politico, magari tra forze che rappresentano gli interessi dell’uno o dell’altro territorio, ma nella consapevolezza di dover abbandonare, una volta per tutte, dannose e controproducenti politiche clientelari. Come può una Regione, o il Mezzogiorno nel suo complesso, recuperare il gap di sviluppo se non abbandona le vecchie zavorre che ne hanno determinato l'affossamento? Sperperi del denaro pubblico e una classe politica nel passato non sempre all’altezza della situazione, sono le ragioni che probabilmente spiegano gli scoraggianti dati Svimez , che dovrebbero indurre i politici del Sud, soprattutto quelli più capaci e preparati (e ve ne sono parecchi) più che che a pensare ad un nuovo partito, a far nascere una nuova coscenza nell'amministrare la cosa pubblica che possa renderli orgogliosi del lavoro svolto per la propria gente e dei risultati ottenuti.