Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, gennaio 28, 2010

QUANDO CERTI MAGISTRATI "DIMENTICANO" LA LEGGE

di Giacomo Stucchi

La protesta annunciata dall’Anm di far partecipare i magistrati alle cerimonie per l’inaugurazione dell’anno giudiziario con la toga addosso e la Costituzione in mano (per ribadire l’appartenenza all’ordine giudiziario indipendente e il rispetto della prima Legge), e di continuare poi facendoli andar via appena prenderà la parola il rappresentante del governo, è un modo efficace per simboleggiare un dissenso o è solo l’ennesima occasione di scontro con il Governo? Per rispondere alla domanda occorre anche fare mente locale alla storia degli ultimi anni, fatta tra l’altro di molteplici tentativi di riforma della giustizia che poche volte però hanno inciso davvero sul funzionamento del sistema e, soprattutto, sul grado di efficienza del quale alla fine dovrebbero essere per primi i cittadini a goderne i vantaggi. Il fatto è che oggi alcuni poteri dello Stato, ancorché regolati in ogni aspetto dalla Costituzione, che riconosce tra l’altro senza possibilità di equivoco l’indipendenza della magistratura ma anche il diritto del Parlamento a fare le leggi, fanno fatica a trovare un punto di equilibrio. Tra le norme della Carta, per esempio, sarebbe allora utile a tutti ricordare l’art. 101 della Costituzione che recita:“La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. Un fatto imprescindibile al quale, forse, certi magistrati militanti dovrebbero pensare più spesso prima di dare fuoco alle polveri della protesta. Che sul fronte della giustizia molte cose non vadano è lapalissiano, viceversa non staremmo qui a discutere dell’argomento, ma quando un rapporto istituzionale, sinergico e strategico per il Paese, come quello tra potere esecutivo e legislativo, non riesce più ad andare avanti come dovrebbe le cause non sono mai a senso unico. In altre parole, se l’ostacolo ad un ammodernamento del sistema giustizia fosse davvero, come vaneggiano alcuni magistrati, spalleggiati dall’Idv di Di Pietro, Berlusconi (coi suoi guai giudiziari e i suoi conflitti d’interesse) ma anche il governo di centrodestra, allora non si capisce perché quando stavano a Palazzo Chigi Prodi (e prima di lui D’Alema, Amato e molti altri) non si sia mai trovato il modo di addivenire ad un vera riforma della giustizia! La verità è che l’attuale sistema giudiziario, sancito da una carta costituzionale redatta sulle ceneri di un Stato distrutto dalle conseguenze di una guerra disastrosa, è ormai obsoleto perché è anacronistica la Legge sulla quale si fonda. Inoltre, le mutazioni sociali, e i nuovi contesti nei quali oggi si trovano ad agire gli operatori della giustizia, necessitano di un nuovo approccio, fatto soprattutto di rapidità del procedimento giudiziario, oltre che naturalmente di certezza della pena. Quando si parla di queste cose, la maggior parte dei giudici è disposta a confrontarsi per il bene dell’importante compito istituzionale che svolgono, ma anche nell’interesse esclusivo di tutti i cittadini. C’è però una parte della categoria, in specie quella più politicizzata, che vede ogni tentativo di riforma della giustizia come ad un atto di lesa maestà! Allora, si potrà pure presenziare all’anno giudiziario con la toga addosso e la Costituzione in mano, ma con questo non si saranno certo affrontati i problemi della giustizia.