Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, dicembre 16, 2010

IL 14 DICEMBRE SARA' RICORDATO COME LA CAPORETTO DEI RIBALTONISTI

di Giacomo Stucchi

L’esito del voto parlamentare sulla fiducia al Governo è stato di certo un successo del centrodestra. Chi lo nega o è in malafede, o non ha ben presente cosa sia realmente accaduto. Di fatto è stato sventato un tentativo di ribaltone, probabilmente preparato con cura da molto tempo, ad opera dell’opposizione e di una parte di parlamentari eletti nel Pdl, da qualche tempo dediti al boicottaggio parlamentare, e mediatico, nei confronti del Governo. In tutta questa operazione il ruolo istituzionale del presidente della Camera dei Deputati, che dovrebbe rimanere sempre al di sopra delle parti politiche, è stato invece interpretato in malo modo da Fini, che non solo ha preso parte attiva nello scontro politico ma ne è stato un protagonista assoluto, nel bene e nel male. La manovra di palazzo, però, non è riuscita perché i partiti di Governo hanno fatto argine e mantenuto l’appoggio al premier, sicché per l’inquilino di Montecitorio si pone oggi il serio problema di valutare se restate o meno al suo posto. Questi sono i fatti, né più né meno. A ben vedere, però, il voto parlamentare sulla fiducia è servito anche a sancire ciò che la Lega Nord sostiene da tempo, e cioè che in questa legislatura, oltre alla possibilità di continuarla con l’attuale premier e con il programma votato a suo tempo dagli elettori, non esistono alternative se non il ritorno alle urne. Nessun bizantinismo, nessun intrigo di palazzo, nessun governo pastrocchio, è quindi possibile oggi così come non lo era prima del 14 dicembre. La Lega ha dato fiducia al presidente del consiglio Berlusconi perché questo è il mandato ricevuto dagli elettori, che ci chiedevano e ci chiedono di portare a termine le riforme, in primis quella sul federalismo fiscale; ma non viviamo su Marte e siamo consapevoli del fatto che se la campagna elettorale non c’è ancora sul piano formale e istituzionale, di fatto esiste già nelle azioni e nelle parole di molti dirigenti politici. A cominciare da quelli sconfitti nelle aule di Senato e Camera. La nascita del cosiddetto Polo della nazione, infatti, altro non è che lo strumento attraverso il quale i vari Rutelli, Casini, Fini e Lombardo, si preparano all’appuntamento elettorale, dato per probabile già nella prossima primavera. Un’eventualità che di certo la Lega non teme, anzi, così come non teme il nuovo cartello elettorale, nato dalle macerie del voto parlamentare sulla fiducia. La loro temporanea ed estemporanea unione, infatti, non è da intendere come la nascita di un potenziale terzo polo, che possa ambire alla guida del Paese, ma molto più realisticamente si tratta di un ripiegamento delle truppe dopo la disfatta del 14 dicembre, una ritirata dopo la Caporetto politica. Con quali possibili risultati, in Parlamento e nell’elettorato, lo vedremo. Di certo si tratta di un’aggregazione che vede più aspiranti leader che voti, più generali che truppe, e nessun programma concreto per risolvere i problemi del Paese.