Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, aprile 08, 2014

LA VERA RIFORMA SAREBBE QUELLA DI METTERE TUTTI D'ACCORDO NEL PD

di Giacomo Stucchi
 
Il premier Matteo Renzi ha detto che "questo è il momento in cui possiamo immaginare un Paese più efficace", ma viene spontaneo chiedersida dove tragga i motivi di tanto ottimismo, quando i limiti e i difetti dell’azione politica del suo governo appaiono evidenti a tutti. Il punto è che in democrazia, per fare grandi cose, occorrono buone idee ma anche una maggioranza politica coesa. Su entrambi questi fronti, sino ad oggi, il premier ha però dimostrato di essere fortemente deficitario. Magari Renzi sarà abile nella comunicazione, vista peraltro la sua costante presenza in televisione, ma resta un fatto che la riduzione dell’Irperf, sulla quale si sta aggrovigliando gran parte della politica economica del suo governo, ricorda moltoda vicino la vicenda dell’Imu, che invece ha tenuto banco per tutto il periodo del governo Letta. Se tutta la spinta riformista della sinistra consiste in due acronimi, Imu e Irpef, il Pd è davvero messo male. Le stesse riforme istituzionali messe in agenda dal governo, che si vorrebbero far passare come la panacea di tutti i mali, giacciono in realtà nel limbo dell’incertezza. La nuova legge elettorale, approvata solo per la Camera dei Deputati, si trova per ora su un binario morto, e lì resterà ancora in attesa di eventi, mentre sul ddl del governo per la riforma del Senato al momento non c’è accordo sul testo da condividere. I vari esponenti del partito guidato da Renzi, infatti, a parole dicono di voler riformare profondamente le istituzioni, mantenendo anche le scadenze indicate dal premier, ma poi nei fatti vanno ognuno per conto proprio; tanto che verrebbe da dire che la vera riforma sarebbe quella di metterli tutti d’accordo. Ci sono quindi fondati motivi per ritenere che la fatidica data del 25 maggio, entro la quale il presidente del Consiglio aveva annunciato con strilli di tromba l’approvazione in prima lettura della riforma del Senato, possa non essere rispettata, con buona pace dell’efficacia renziana.