Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, ottobre 16, 2014

SIAMO AL GIOCO DELLE CARTE

di Giacomo Stucchi

I 36 miliardi di euro della legge di Stabilità, al di là della cifra consistente, sono una montagna di denaro che però poggia sull’argilla. A cominciare dal taglio delle tasse nella misura di 18 miliardi, del quale Renzi si fa vanto, ma che rimane tutto da verificare nella realtà delle cose. Il ministro dell’Economia Padoan, dal punto di vista politico probabilmente meno smaliziato dell’ex sindaco di Firenze, ha messo infatti il dito sulla piaga ammettendo che “forse, a seguito dei tagli previsti dalla legge di Stabilità, le Regioni aumenteranno le tasse, ma i cittadini potranno valutare le decisioni dei loro amministratori”. Insomma questo è il più classico gioco delle tre carte, si abbassa l’Irap all’imprenditore e si confermano gli 80 euro in più in busta paga a chi ne guadagna meno di 1500 al mese, ma lo si fa togliendo risorse a Regioni e Comuni che, a loro volta, saranno costretti a reperirle aumentando le tasse sul territorio. Questo significa che forse un impiegato avrà ancora gli 80 euro di bonus ma, di contro, pagherà di più i servizi locali, dalla raccolta dei rifiuti al trasporto. Certo, per cittadini e imprese, qualsiasi riduzione delle tasse va bene, ma sbaglia chi ritenesse che questo “regalo” dato oggi sia a costo zero anche per il futuro. Vedremo, perciò, le carte in Parlamento e cercheremo bene di capire i dettagli di questa manovra. Le cose da chiarire sono tante. Basti pensare, alle previsioni di entrata sul fronte della lotta all’evasione, i cui miliardi previsti non si capisce bene come verranno recuperati. Inoltre, bisogna anche dire che oltre all’incertezza sui numeri della manovra c’è anche quella sui numeri della maggioranza in Parlamento. Al Senato la soglia di sopravvivenza per il governo Renzi è ormai al limite e se non fosse stato per il soccorso di un senatore ex M5S, che con il suo voto ha permesso l’approvazione della risoluzione alla nota di variazione al Def, quella che contiene il rinvio del pareggio di bilancio al 2017 (passata appunto con 161 voti), il governo sarebbe già a gambe per aria.