Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, luglio 30, 2015

RENZI PUR DI RIMANERE IN SELLA TORNA ALLA PRIMA REPUBBLICA

di Giacomo Stucchi

Arrivato a Palazzo Chigi con tanti, a parole, buoni propositi, a quasi un anno e mezzo dal suo insediamento il segretario-presidente si rivela sempre più come un conservatore di usi e costumi politici da prima Repubblica, altro che rottamatore. Un esempio è la vicenda del senatore Antonio Azzolini che, al di là dei fatti giudiziari, ha di certo dei risvolti politici. Renzi, infatti, per non scontentare nessuno ha scelto la via double-face del poliziotto buono e di quello cattivo. A un suo vicesegretario ha fatto dire che "se anche alcuni senatori del Pd hanno scelto di votare contro l'arresto evidentemente è perché non hanno rilevato dalle carte ragioni sufficienti per dare l'assenso”, all’altro suo vice, invece, ha fatto dichiarare che bisogna “chiedere scusa” ai cittadini per il voto del Pd che ha salvato dai domiciliari il parlamentare del Ncd. La sensazione, però, è che in questa vicenda le ragioni politiche abbiano prevalso sulle carte giudiziarie. La verità è che la stabilità del governo è a rischio, sia per il suo consenso nell’opinione pubblica sempre più basso, che di certo la vicenda Azzolini non contribuirà a migliorare, sia per la mancanza di numeri al Senato dove non a caso si è materializzato un nuovo gruppo, Ala, per dare manforte all’esecutivo. Se a questo si aggiunge l’appetito del governo per la più classica delle lottizzazioni da prima Repubblica, quella della Rai, buttando alle ortiche tutte le dichiarazioni del premier sull’opportunità di nominare i componenti del Cda solo dopo aver approvato la riforma alla quale sta lavorando il Parlamento, per procedere invece subito e con l’attuale legge Gasparri all’occupazione delle ambite poltrone, si ha chiaro il quadro di quanto questo governo proceda nel solco della partitocrazia d’altri tempi. L’esecutivo, conscio della sua debolezza, pensa di puntellarsi distribuendo prebende a chi può portargli voti in Parlamento, ma si tratta di un disperato tentativo perché ben presto saranno i cittadini a mandarlo a casa.