QUANDO UN SERVIZIO PUBBLICO DIVENTA ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA
di Giacomo Stucchi
Nessuno mette in dubbio la libertà di ognuno di noi, e quindi anche dei
cantanti che salgono sul palco dell'Ariston a Sanremo, di manifestare con gesti
e parole le proprie idee. Ma un evento mediatico non può diventare strumento di
pressione; e magari contribuire a determinare l'orientamento su un
provvedimento in discussione al Parlamento. Tanto più poi è necessario
considerare che l’oggetto del provvedimento è talmente divisivo dall’aver
spaccato in due la coalizione di governo e lo stesso Pd. Evidentemente una
manifestazione come il Family Day, che ha portato al Circo Massimo a Roma
decine di migliaia di persone per dichiarare il proprio “no” alla legge sulle
unioni civili, intesa come anticamera del matrimonio e delle adozioni gay, ha
colpito nel segno. L'impressione è che per riequilibrare le sorti del
provvedimento, tanto caro alla sinistra,
si usi il servizio pubblico televisivo come arma di distrazione di massa.
Prendiamo spunto da queste circostanze anche per ricordare che tra qualche mese
ci apprestiamo a celebrare un referendum molto importante sul destino della
nostra Costituzione. E quindi se sulle unioni civili, al puro scopo di favorirne
l’approvazione in Senato, non si è esitato a sbandierare dinanzi a milioni di
telespettatori nastri colorati, non osiamo pensare cosa ci si possa inventare
per influenzare l'opinione pubblica su una consultazione elettorale di rilievo,
alla quale peraltro il premier ha legato il suo stesso destino
politico.Bisognerebbe quindi stare molto attenti all'utilizzo di quello che
dovrebbe rimanere un servizio pubblico, non di parte, per il quale tutti i
cittadini, a prescindere dal loro orientamento politico o di altra natura, sono
comunque obbligati a pagare un canone.
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