ADESSO RENZI HA PAURA DI PERDERE
di Giacomo Stucchi
Dopo più di due anni di chiacchiere, annunci e provvedimenti
governativi per niente risolutivi, oltre alla riforma costituzionale fatta a
colpi di maggioranza, derogando alla più elementare regola della democrazia
secondo la quale tale materia va condivisa con tutte le forze politiche presenti
in Parlamento, il premier non convince più nessuno; e sia che vada in
televisione sia che presenzi all'assemblea annuale della Confcommercio lo
scetticismo in chi lo ascolta è lo stesso. Tra le cose fatte Renzi cita il
famigerato bonus di 80 euro, che però ha già chiesto indietro a una parte dei
contribuenti che lo avevano avuto riconosciuto, e le presunte centinaia di
migliaia di assunzioni con il Jobs Act, omettendo però di specificare che si
tratta per lo più di trasformazioni di contratti già esistenti. E si guarda
bene, peraltro, dal ricordare che le nuove assunzioni sono state per lo più
possibili grazie al combinato disposto tra le nuove regole del mercato del
lavoro e costosi incentivi e sgravi alle imprese, pesati al contribuente
miliardi di euro. Ma dove il premier si arrampica davvero sugli specchi è sulla
riforma costituzionale. Il presidente del Consiglio parla di riduzione dei costi
della politica (fantasticando risparmi che non esistono) e di presunti vantaggi
per le Regioni (che invece saranno fortemente penalizzate per tornare a una
forte centralizzazione dello Stato) ma, non a caso, fa finta di ignorare
completamente le legittime e ponderate critiche di molti autorevoli
costituzionalisti che criticano la riforma Boschi definendola, a ragione, un
pasticcio istituzionale che non porterà alcun vantaggio né all’efficienza del
sistema legislativo né a quello istituzionale nel suo complesso. Ma i suoi
argomenti convincono sempre meno l’opinione pubblica soprattutto a fronte delle
vere emergenze del Paese, dall’immigrazione incontrollata alla crisi economica
che non demorde, che il governo non ha saputo affrontare. Renzi, infine, prende
le distanze dai ballottaggi nelle grandi città per l'elezione dei sindaci
dicendo di non sapere ancora se farà comizi nelle piazze o se parteciperà a
eventi elettorali; ma non si tratta di una mossa dettata dal galateo
istituzionale ma soltanto dalla paura di perdere.
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