Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, febbraio 14, 2017

UN PREMIER OMBRA TIENE IL PAESE FERMO AL PALO

di Giacomo Stucchi
In un Paese normale non sarebbe consentito che una continua rissa all’interno di un partito, sia pur di maggioranza relativa, paralizzi la vita politica e istituzionale. In tal senso i lavori della direzione del Pd non hanno certo contribuito a fare chiarezza e non devono trarre in inganno circa il loro esito. La sensazione, infatti, è che l’ex premier, pur di mantenere il controllo del partito e mettere nell’angolo la minoranza, sia stato costretto a farsi mettere sotto tutela dalle varie correnti. Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni ma il rischio di un caos totale, con l’avvio delle procedure congressuali del Pd che si intrecceranno inevitabilmente con l’attività legislativa e di governo, appare molto concreto; ed è molto probabile che l’attuale premier, che vive sin dal suo primo giorno a Palazzo Chigi una sorta di commissariamento, troverà sempre più difficoltà nell’assumere decisioni degne di nota. Soprattutto sul fronte economico, dove la situazione rimane drammatica. Gli strilli di tromba governativi per le stime Pil del 2016 non possono infatti cancellare la realtà di un’economia che non cresce abbastanza, soprattutto rispetto agli altri Paesi europei. Basti pensare alla correzione dei conti pubblici chiesta da Bruxelles. Le previsioni invernali dell’Ue fissano una stima di crescita per l'Eurozona dell'1,6% quest'anno e dell'1,8% il prossimo, ma per il nostro Paese siamo sempre allo zero virgola; anzi, per l’esattezza, 0,9% del Pil nel 2017. Frutto delle fallimentari politiche economiche e sociali dei governi a guida Pd. Un esecutivo nel pieno delle sue funzioni, che non avesse un premier ombra a guidarlo, per risolvere la questione avrebbe già eliminato le inutili marchette elettorali di renziana memoria; e invece da giorni si tergiversa per trovare la soluzione, senza sapere esattamente dove andare a parare. Chissà, forse Renzi non vuole che il governo metta minimamente mano ai conti pubblici perché, dopo le sue manovre economiche in deficit, potrebbero crollare come un castello di carte.