Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, aprile 11, 2017

LE LOTTE INTERNE AL PD SONO UN MACIGNO SULLA STRADA DELLA NUOVA LEGGE ELETTORALE

di Giacomo Stucchi

Il confronto sulla legge elettorale annunciato per mercoledì alla Camera rappresenta una nuova occasione per verificare se il Partito Democratico ha davvero l’intenzione di affrontare l'argomento. Sono ormai in molti a ritenere che l'ex premier, Matteo Renzi, che parla già come segretario in pectore del suo partito, non abbia poi tanta voglia di trovare una soluzione al problema, che lui stesso ha creato, di dare al Paese un sistema di voto. Il pretesto, sino ad oggi, è stato l'inesistenza in Parlamento di una maggioranza disposta a vararlo ma l'ex presidente del consiglio fa finta di dimenticare che il suo partito detiene la maggioranza dei parlamentari e spetta al Pd, quindi, fare la prima mossa. Invece il partito di maggioranza relativa è rimasto arroccato sulle sue posizioni, peraltro molteplici, per molto tempo. Vedremo adesso cosa succederà dopo le ultime aperture dello stesso Matteo Renzi, speriamo non si tratti della solita melina che non porta a nulla.

La questione della nuova legge elettorale, comunque, riguarda certo il merito ma anche il metodo. Se da un lato, infatti, nei mesi intercorsi dal referendum del 4 dicembre ad oggi, si è sempre detto che l'esigenza fondamentale è quella di rendere omogenei i sistemi elettorali per le due Camere, considerato che sciaguratamente l'Italicum è stato pensato solo per un ramo del Parlamento nella presunzione che la riforma costituzionale Boschi-Renzi fosse approvata, dall'altro lato non si può ricadere nello stesso errore di approvare una legge elettorale con la forza dei numeri; e senza che la stessa venga condivisa quanto più possibile dalle forze politiche rappresentate in Parlamento.

In ogni caso, se la legislatura dovesse concludersi con un nulla di fatto sulla legge elettorale sarà soprattutto per responsabilità del Pd e delle sue diverse anime che non trovano l'accordo su nulla. Basta vedere del resto le diversità programmatiche dei tre aspiranti segretari per capire come lo scontro tra i dem non si chiuderà nelle prossime settimane, con la proclamazione del nuovo segretario, ma andrà avanti verosimilmente nei mesi futuri coinvolgendo la legge elettorale ma anche la politica economica del governo. Per questo motivo Renzi mette le mani avanti nell’attribuire ad altri l’impossibilità di varare un nuovo sistema di voto e nello stesso tempo, più o meno consapevolmente, continua sulla strada dell’uomo solo al comando che lo ha già portato alla disfatta referendaria.