Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, aprile 13, 2017

L'ORACOLO DI PALAZZO CHIGI


di Giacomo Stucchi

I provvedimenti approvati dal governo Gentiloni, dalla correzione di bilancio al Def, dal Piano nazionale delle riforme alle cosiddette misure per la crescita, non promettono nulla di buono e servono più a prendere tempo che non a risolvere i problemi. A fronte di alcune certezze, come la scomparsa del calo dell'Irpef, che il precedente governo aveva tanto sbandierato come arma di propaganda, il nuovo programma nazionale delle riforme ritiene ''cruciale il taglio del cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro e aumentare parallelamente il reddito disponibile dei lavoratori". Vedremo, per il momento l'impressione è che se da un lato vengono ribaditi concetti aleatori, tutti da verificare alla prova dei fatti, dall’altro, invece, è certo che nuove tasse e balzelli sono all’orizzonte. 

Il punto è che alla vigilia delle primarie del Pd, del prossimo 30 aprile, l'esecutivo si è ben guardato dal dire con chiarezza ai cittadini che serve una manovra da 25-30 miliardi di euro ma al contempo non ha potuto disattendere le richieste di Bruxelles che, per evitare l’apertura di una procedura d’infrazione, ha preteso una correzione immediata ai nostri conti pubblici. E allora, per soddisfare l’una e l’altra esigenza, il duo Gentiloni-Padoan , con la regia occulta forse di Matteo Renzi, hanno pensato bene di mettere un pò di roba in un unico calderone, compresa la piccola correzione da 3,4 miliardi. Ma la manovra più corposa, quella che lascerà il segno, è rinviata al prossimo autunno. 

Già adesso, però, è possibile intuire dove il governo andrà a parare nei prossimi mesi. Non a caso il ministro dell'economia, Pier Carlo Padoan, quasi come una moderna Sibilla Cumana, ha previsto che nel 2018 la crescita scenderà dall'1,3% all'1% e nel 2019 dall'1,2% all'1%, a causa di "una politica fiscale particolarmente stringente" che "fa parte degli accordi europei". Solo nel 2020, "ci sarà – secondo il ministro - un'impennata verso l'alto della crescita”. Insomma, le parole del ministro significano solo nuove tasse e una crescita inesistente, altro che “messaggio di rassicurazione” e “conti in ordine”. Con questo governo, condizionato anche dalle scelte dell’ex premier, c’è davvero di che stare poco allegri.