giovedì, dicembre 28, 2017
giovedì, dicembre 21, 2017
LA LEGA E IL CENTRODESTRA PER GUARDARE AVANTI CON FIDUCIA
di Giacomo Stucchi
In questi giorni di fine anno e di legislatura è possibile farsi
un’idea di quanta confusione e improvvisazione ci sia nell’attività
dell'esecutivo a guida Pd anche dall’ultimo provvedimento del governo e della
sua maggioranza, la legge di Bilancio. Improntata per lo più all’acquisizione
del consenso elettorale del momento, non certo a una prospettiva più ampia,
con il rinnovo o l’introduzione dei soliti bonus. Una politica già
inaugurata dall’ex premier Matteo Renzi, in occasione delle
elezioni europee del 2014, e portata avanti in coincidenza con tutti gli
appuntamenti elettorali. Ma con scarsi risultati, visto che i cittadini hanno
dimostrato di aver capito il giochetto renziano, bocciandolo sonoramente in più
occasioni: prima al referendum sulla riforma costituzionale dello scorso anno, e
poi alle elezioni amministrative dell’anno che volge al termine. La logica e la
coerenza avrebbero, quindi, dovuto suggerire al segretario del Pd di farsi da
parte, e invece ha solo ceduto temporaneamente la poltrona a Paolo
Gentiloni. Il quale, però, non si è limitato a tenergliela in caldo ma
ha preso gusto ad occuparla. E’ tutta qui, in sintesi, la storia della
legislatura che sta per concludersi, allo stesso modo di come era iniziata: nel
segno, cioè, dell’inconcludenza del Pd e della sua classe dirigente, troppo
impegnata a guardarsi l’ombelico per pensare davvero a risolvere i problemi del
Paese. Che rimangono tutti sul tappeto: dalle crescita debole, tra le ultime
delle economie europee, alla disoccupazione (che rimane drammatica se si guarda
ai giovani e alle donne), dalla pressione fiscale insopportabile alla
fallimentare gestione dell’immigrazione, dalle pensioni che vengono sempre più
allontanate nel tempo alla riforma della scuola (che è costata miliardi di euro
ma ha lasciato scontenti tutti, dagli insegnati agli studenti). La vera
sostanza di questa politica fallimentare è, però, quella di aver sprecato tempo
e risorse pubbliche preziose, nonché una congiuntura favorevole. Con questa
eredità politica lasciata dal Pd non possono esserci dubbi sulla scelta che i
cittadini dovranno fare quando saranno chiamati alle urne. A tal proposito,
condividiamo le parole del Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella quando esorta a non esacerbare gli animi in campagna
elettorale e invita a parlare di cose concrete; ma, aggiungiamo noi, questo
buon senso non può tradursi in una fuga del Pd dalle proprie responsabilità o
nel fare tabula rasa di quanto fatto dai governi dem in questi anni. Durante i
quali le lacune sono state evidenti e su più fronti. Basti pensare alle riforme,
tutte più o meno prive di effetti davvero risolutivi, ma anche alla gestione
delle emergenze. Mi riferisco, in primis, alla ricostruzione nei territori
colpiti dagli eventi sismici. Ancora oggi, purtroppo, raccogliamo testimonianze
di sfollati che raccontano i loro indicibili disagi per essere stati messi tardi
e male nelle condizioni di andare avanti. Soprattutto a causa di inspiegabili
ritardi nella macchina della ricostruzione o dell’indifferenza di chi non ha
provveduto a snellire le procedure burocratiche. Consapevoli di tutto questo,
con la fine dell’anno e della legislatura occorre tuttavia volgere lo sguardo
al futuro con la consapevolezza che il caos, la confusione e l’inefficienza
dello Stato, non sono condizioni ineluttabili per il nostro Paese ma solo la
conseguenza dell’azione di governi incapaci; è che, soprattutto, non sarà sempre
così perché un’alternativa esiste ed è quella alla quale la Lega e il
centrodestra stanno lavorando, per metterla a disposizione dei cittadini e con
loro raggiungere nuovi e migliori traguardi.
martedì, dicembre 19, 2017
LA BUONA POLITICA PARTE DALLA CHIAREZZA
di Giacomo Stucchi
La puntualizzazione dei contenuti del programma che la
coalizione di centrodestra dovrà portare avanti, prima in campagna elettorale
per presentarlo agli elettori, e poi al governo una volta vinte le elezioni,
non è una questione di puntiglio ma di correttezza e serietà nei confronti dei
cittadini. Fa bene, quindi, la Lega a pretendere chiarezza sulle cose da fare e
fa bene a farlo ora, prima cioè che vengano stabilite le priorità del programma
di governo. Perché se si vuole restituire credibilità alla politica bisogna che
la politica sia credibile; e per esserlo bisogna anche passare da un sincera e
trasparente indicazione agli elettori delle cose che una coalizione politica si
propone di fare. Tra le responsabilità del centrosinistra degli ultimi anni, infatti,
c’è di certo la mancanza di chiarezza sulle cose da fare. Il Pd e i suoi
alleati di governo vorrebbero accreditarsi come riformatori ma la verità è che
hanno solo navigato a vista, facendo attenzione più a mantenere la poltrona che
non a migliorare il Paese. Altro che riforme! Se davvero avessero pensato al
bene comune non si sarebbero fatta sfuggire l’occasione di una congiuntura
economica favorevole, dovuta in primis alla politica monetaria portata avanti
dalla Bce, per incentivare la crescita, razionalizzare la spesa, snellire la
burocrazia, abbassare davvero la pressione fiscale. Tutte condizioni
indispensabili per favorire una reale ripresa e, in assenza delle quali, non a
caso la nostra economia è rimasta fanalino di coda nell’ambito europeo. Ben
venga, quindi, il preventivo chiarimento sulle cose da fare da parte del
centrodestra una volta al governo. I cittadini hanno diritto a tutta la
chiarezza necessaria affinché la loro scelta sia fatta su basi fondate, senza
gli equivoci che hanno contribuito a tenere i vertici del Pd a Palazzo Chigi
per più di un lustro. Nel programma della Lega non possono che avere una
priorità assoluta la riforma della legge Fornero, la riduzione delle tasse, una
nuova politica sull’immigrazione. Si tratta di capisaldi dai quali non si potrà
prescindere e per i quali i cittadini che ci voteranno avranno l’assoluta
certezza del nostro impegno.
sabato, dicembre 16, 2017
venerdì, dicembre 15, 2017
giovedì, dicembre 14, 2017
OCCUPATI PER LE STATISTICHE MA DISAGIATI NELLA REALTA'
di Giacomo Stucchi
A sentire la vulgata governativa,
secondo la quale gli anni del Pd a Palazzo Chigi avrebbero portato a una
crescita dell’occupazione, c’è da restare basiti. Un conto, infatti, è la
campagna elettorale, e la necessità della maggioranza parlamentare di
magnificare un’esperienza che invece è fallimentare, un’altra cosa è però
l’analisi seria dei numeri. Oltre le statistiche, infatti, bisogna considerare
la vita reale delle persone. A sentire Matteo Renzi, infatti, sembrerebbe che gli uomini e le
donne (quelli fortunati!) che in questi anni hanno ottenuto un impiego solo
part-time o precario lo abbiano accettato per scelta; e invece, ovviamente, non
è così. Perchè il “disagio lavorativo” registrato dagli istituti di ricerca
sociale ed economica, che riguarda coloro che vorrebbero di certo un impiego
più stabile, magari a tempo pieno o con un contratto stabile, interessa circa
5milioni e 500mila cittadini. Un esercito di persone insoddisfatte e
impossibilitate persino ad immaginare il loro futuro, che diventa ancora più
fosco se riguarda poi non solo il singolo individuo ma anche la famiglia.
Insomma, per i dati statistici, letti peraltro strumentalmente dai dirigenti
dem che li analizzano con la lente deformante della propaganda, si registrano
nuovi occupati, ma per la vita reale si tratta di persone disagiate, che mai
avrebbero scelto di vivere un’esistenza condizionata dall’incertezza. Un pò di
onestà intellettuale, quindi, dovrebbe suggerire agli esponenti del Pd che
sproloquiano in tv, di smetterla con la celebrazione dei presunti effetti
“miracolosi” del Jobs Act. Affermare di “aver raggiunto i livelli occupazionali
pre-crisi in valori assoluti”, infatti, fa a botte con la realtà che dimostra
ciò che la Lega Nord ha sempre sostenuto dentro e fuori il Parlamento; e cioè
che senza abbassare davvero il costo del lavoro e senza eliminare il disastro
della legge Fornero il lavoro, quello vero, non arriverà mai.
domenica, dicembre 10, 2017
giovedì, dicembre 07, 2017
IL BIOTESTAMENTO SIMULACRO DI UNITA' NELLA SINISTRA
di Giacomo Stucchi
L’accelerazione in Senato sul biotestamento è il
frutto delle forti preoccupazioni del Pd di recuperare un po’ di consenso in
quella parte di elettorato a sinistra che appare sempre più determinato ad abbandonarlo, perché
deluso dalle politiche governative dem e anche perché attratto dai nuovi
raggruppamenti che sono stati annunciati in quell'aerea politica. Guardando
però all’interesse generale, anziché a quello di parte, come purtroppo fa ormai
da tempo il Pd, sarebbe stato più logico discutere subito il nuovo regolamento
del Senato in maniera tale da lasciare agli atti un reale cambiamento. Tra le
novità previste, infatti, il divieto di
formare i nuovi gruppi rispetto ai partiti
o alle coalizioni che si sono presentati alle elezioni per porre così un
deciso freno al trasformismo parlamentare. Un fenomeno disdicevole che ha visto
taluni parlamentari “cambiare casacca”
con una frequenza che nella legislatura in corso ha raggiunto livelli patologici. Sono inoltre previste misure per
ridurre i tempi di discussione dei provvedimenti in assemblea e limitare così
l’ostruzionismo, ma anche sull’astensione che potrebbe non essere più
considerata un voto contrario. Insomma, pur trattandosi di materia tecnica da
addetti ai lavori, che forse potrebbe non suscitare l’attenzione del grande
pubblico, sono pur sempre argomenti di interesse generale perchè servono a migliorare la qualità del lavoro legislativo.
Ma il Pd di Matteo Renzi non sembra essere interessato al tema, forse
perché troppo impegnato a fermare un’emorragia di consensi elettorali che
sembra essere inarrestabile; e siamo solo all’inizio della campagna
elettorale. Ecco allora utilizzare temi
come il fine vita o lo ius soli come merce
di scambio per potenziali alleati, ma si tratta di un simulacro di identità e
di unità nella sinistra che di certo non servirà a convincere gli elettori a
scegliere questo schieramento.